L’ambiente domestico che circonda l’uomo contemporaneo mostra senza dubbio gli effetti del consumismo: case piene di oggetti di cui non si sa più che fare e forse nemmeno più perché sono stati scelti. Sono gli effetti della crisi di un modello che ha cambiato la società negli anni Ottanta. Il consumismo oggi è in forte declino, al contrario del consumerismo, un insieme di disposizioni e orientamenti che mirano a tutelare – e non a spremere – il consumatore.
In Italia la crisi del consumismo è ben visibile: la spinta propulsiva alla realizzazione dell’individuo attraverso l’accumulo di beni materiali, liberatosi dalle figure carismatiche della società del passato, si è esaurita. I ruoli sociali dominanti, un tempo incarnati dal padre, in primo luogo, poi dagli insegnanti e dalle istituzioni religiose, oggi appaiono in decadenza o, quantomeno, in evoluzione. Mentre i padri diventano sempre meno detentori del potere morale e sempre più compagni di giochi, gli insegnanti vivono la propria condizione di generatori di conoscenza come un peso: privi di riconoscimenti, non rifarebbero mai più la scelta di insegnare. Secondo il Censis più del 57% degli italiani ha la sensazione che, al di là dei problemi di reddito, rispetto a qualche anno fa nella propria famiglia c’è un desiderio meno intenso di acquistare beni e servizi.
Inoltre si è persa la fiducia negli effetti della mobilità sociale sulle generazioni future. Sembra un meccanismo ormai obsoleto che non garantirà alle generazioni del futuro di migliorare la propria condizione socio-economica. Infatti “il 34% degli italiani – rivela il Censis – pensa che la generazione dei figli sia destinata ad avere uno status socio-economico peggiore del proprio (mentre solo il 18% di essi vive oggi in una condizione peggiore rispetto ai propri genitori). Il 67,5% ritiene che in futuro l’Italia sarà meno benestante di oggi”.
La maggiore attenzione all’acquisto di prodotti certificati, sicuri, su cui si possono sempre reperire informazioni sembra interessare di più. Il consumerismo dunque potrebbe davvero rappresentare una svolta nell’approccio economico delle aziende verso il consumatore.
Il fenomeno è nato negli Stati Uniti sul finire del XIX secolo e mette al centro il consumatore e il diritto ad essere informato e tutelato sull’acquisto dei beni. Nel 1962 John Fitzgerald Kennedy determinò per primo i diritti del consumatore, identificandoli in sicurezza, informazione, opportunità di scelta, attenzione governativa. Nel 1975 la Comunità Europea riordinò tutte le iniziative in materia di tutela del consumatore, identificando quattro obiettivi:la protezione contro i rischi per la salute del consumatore; la protezione degli interessi economici del consumatore; la predisposizione di consulenza e assistenza per il risarcimento dei danni; l’informazione e l’educazione del consumatore; la consultazione e la rappresentanza dei consumatori nella predisposizione delle decisioni che li riguardano.
Inoltre la parte del leone nella difesa dei diritti di chi compra la fanno le regioni e le moltissime associazioni nate per lo scopo. Forse anche troppe secondo Paolo Landi, fondatore di Adiconsum, che vede nel consumerismo una grossa opportunità di crescita per il Paese “a patto di evitare la demagogia”.
Gli effetti dell’azione di associazioni come Adiconsum sono ben visibili su settori come le assicurazioni, l’energia elettrica e la telefonia mobile. Proprio in questo settore, spiega Landi, “c’è stato sicuramente un risultato positivo in termini di rapporto costi-qualità con l’abbassamento delle tariffe e lo sviluppo del servizio, mentre nella telefonia fissa una privatizzazione senza regole ha dato luogo a speculazioni di Borsa nei confronti dell’allora Telecom-Sip. Oggi il nostro Paese è in forte ritardo sull’adsl, sul sistema di fonia e dati di nuova rete, perché non sono stati fatti investimenti adeguati”.
La liberalizzazione di alcuni settori economici e l’azione dell’Autorità di regolazione denotano uno spostamento di attenzione da parte del consumatore sui servizi. Prima era la qualità dei beni, le caratteristiche e la tutela che tutte le informazioni in possesso dell’acquirente fossero vere a fare la differenza. Ora invece ciò che il consumatore chiede è trasparenza e informazione sui servizi che possano aiutarlo a rendere la propria vita migliore, senza riempirgli la casa di altri oggetti.