Vi sono principalmente due metodiche per valutare correttamente un qualsiasi investimento finanziario, sia esso un titolo azionario, un titolo di stato, una valuta, una materia prima: l’analisi fondamentale e l’analisi tecnica.
L’analisi fondamentale studia le forze economiche che agiscono sulla domanda e sull’offerta di un bene; per esempio per quanto riguarda un singolo mercato azionario, la domanda di azioni tenderà ad essere maggiore quanto migliori saranno le condizioni economiche di quel paese ( crescita della ricchezza prodotta, stabilità dei prezzi, stabilità o diminuzione dei tassi di interesse, stabilità o rafforzamento della valuta di riferimento) .
Per quanto riguarda il singolo titolo azionario l’analisi fondamentale cerca di valutare gli utili futuri dell’azienda e gli effetti che su questi ultimi avranno nuovi prodotti o l’accesso a nuovi mercati; l’analisi fondamentale inoltre studia l’equità della valutazione di mercato della società in esame, il suo tasso di indebitamento, le sue disponibilità liquide, il suo patrimonio netto, la sua redditività.
Dall’altra parte l’analisi tecnica è una metodica che, in uso da oltre un secolo, valuta le variazioni di prezzo e dei volumi scambiati su un qualsiasi mercato finanziario al fine di prevederne la tendenza futura mediante metodiche di tipo grafico e quantitativo (medie e oscillatori).
Tutt’ora la diatriba continua tra analisti tecnici e fondamentali su quale delle due metodiche debba avere il peso maggiore nelle scelte di investimento; la mia opinione è che esse debbano integrarsi fra loro, nel senso che la probabilità di successo di un investimento finanziario è massima quando entrambe lo suggeriscono.
Ma analisi fondamentale e analisi tecnica non completano il quadro che deve ispirare una qualsiasi scelta di investimento; ognuna di esse deve rispettare quattro principi che hanno guidato al successo i grandi gestori americani di patrimoni.
Questi principi, per quanto noti e verbalmente apprezzati, sono continuamente ignorati da grandi e piccoli investitori; prova è l’episodio dell’autunno del ’98, quando due premi Nobel per l’economia avevano, con la loro gestione, praticamente polverizzato l’ingente patrimonio loro affidato da primarie banche internazionali nel Long Term Capital Fund.
Il primo principio è quello di seguire la tendenza del mercato; gli americani dicono “The trend is your friend” e hanno assolutamente ragione. Combattere la tendenza di mercato è la strada più rapida per la rovina sui mercati finanziari, perchè statisticamente “il mercato ha sempre ragione e va dove decide di andare” indipendentemente dal giudizio dei più bravi analisti; per avere successo non resta che seguirlo con umiltà.Il mercato,infatti, è giudice insindacabile perchè esso rappresenta la sintesi di tutte le informazioni note,anche quelle riservate a pochi eletti.
Un esempio: nel ’99 chi si è ostinato ad investire sul settore bancario e assicurativo della borsa italiana non solo ha accumulato perdite (RAS -32%, Generali -23%, Banca Commerciale -33%, Banca Intesa -27% da marzo a fine anno) ma ha rinunciato ai sorprendenti guadagni dei settori telefonico e media (Telecom +91%, Espresso +502%, Seat +467%).A partire da marzo 2000,con il crollo del Nasdaq,la tendenza si è invertita: telefonici,media e tecnologici,giunti a valutazioni elevate,hanno iniziato un trend ribassista lasciando spazio ai settori assicurativo,alimentare, bancario,immobiliare,energetico che hanno fatto la felicità di chi ha capito che la forza trainante del mercato aveva scelto nuovi protagonisti.
Il secondo principio operativo consiglia vivamente di tagliare velocemente le perdite. Contemporaneamente all’apertura di una qualsiasi operazione finanziaria bisogna individuare un livello che se violato obbliga l’immediata chiusura della posizione in perdita (tale livello prende il nome di stop-loss ). Bisogna convincersi che non esiste investimento finanziario privo di rischio: quello che è considerato il bene rifugio per eccellenza, l’oro, è passato dai 900 dollari del 1980 ai 253 dollari di fine ’99 ( -72%) senza contare l’effetto erosivo dell’inflazione in venti anni e il mancato guadagno da fonti alternative di investimento.
Lo stop-loss non è solo un’assicurazione contro perdite ulteriori ma permette di sottrarre il proprio denaro da investimenti a dir poco rischiosi, per dirigerli verso quelli più promettenti, ottimizzando,pertanto,il rendimento del proprio portafoglio.
Il terzo principio operativo consiglia di lasciare correre i profitti.
Quante volte vi sarà capitato di vendere un titolo azionario con un guadagno risicato del 5-10% e di vederlo salire per mesi interi del 50, 100, anche 200% . In realtà i mercati finanziari non si muovono per linee verticali, salgono e ritracciano .per poi riprendere a salire se il trend è rialzista; perciò è importante rimanere investiti fin tanto che il trend è a nostro favore, spostando gradualmente nella direzione del trend il livello di uscita al fine di proteggere congruamente i profitti accumulati.
George Soros sostiene giustamente che non è tanto importante quante volte sei nella posizione giusta o in quella sbagliata, bensì quanto guadagni quando sei nel giusto e quanto perdi quando sei in errore.
Il quarto principio operativo verte sulla oculata gestione del rischio (money management). Essa comprende la diversificazione tra mercati non correlati (obbligazioni, azioni, valute e materie prime ), nonché nell’ambito azionario, la diversificazione tra settori (tecnologico, finanza, beni di consumo, industrie di base,salute,energia ecc. ). Sempre nell’ambito del money management rientra il contenimento del rischio per singola posizione assunta, sulla quale la massima perdita deve essere mantenuta entro il 4-5% del capitale totale disponibile (sui mercati futures anche solo il 2%).